Foraminiferi planctonici ed applicazioni nel paleoclima: aumento dell’ ossigenazione nella superficie dell’oceano tropicale durante un episodio di riscaldamento globale di ~56 Milioni di anni fa
Sedimenti dei carotaggi oceanici provenienti dalle spedizioni oceanografiche contenenti abbondanti gusci di foraminiferi planctonici (nell'ingrandimento) su cui vengono effettuate analisi geochimiche (da: Press Release Max Planck Institute for Chemistry h
Lo studio dei cambiamenti climatici è al centro dell’interesse della comunità scientifica internazionale. Il record geologico offre numerosi archivi per valutare gli effetti degli episodi di riscaldamento globale del passato alla scala delle migliaia e milioni di anni, essenziale per la modellizzazione futura, ma necessariamente inibita alle osservazioni sul recente che già rilevano problemi di resilienza negli ecosistemi marini. I foraminiferi planctonici, protozoi marini provvisti di guscio calcitico, che vivono nella parte superficiale degli oceani, registrano cruciali informazioni chimico-fisiche delle acque in cui avviene la calcificazione e sono largamente utilizzati in paleoclimatologie e paloeceanografia.
IL Paleocene Eocene Thermal maximum
Uno dei più importanti episodi di riscaldamento globale del record geologico è il Paleocene Eocene Thermal maximum, PETM, verificatosi ~56 milioni di anni fa, durante il quale una forte immissione di gas serra, per probabile gigantesco rilascio di metano, ha portato ad un innalzamento delle temperature fino a 6-8°C in poche migliaia di anni. Il PETM è considerato un analogo geologico del riscaldamento antropogenico. Come conseguenza del continuo riscaldamento globale, gli oceani attuali mostrano una riduzione del tenore di ossigeno, con severe ripercussioni per gli ecosisitemi marini e per le attività umane collegate. Il PETM ha dato la possibilità di valutare questo importante carattere in un’ottica a lungo termine.
Isotopi stabili dell’azoto e foraminiferi planctonici
Gli isotopi stabili dell’azoto, preservati nei gusci dei foraminiferi planctonici (Foraminifera-bound d15N), consentono di stabilire il grado di ossigenazione degli oceani superficiali e della produttività biologica. Questo importante proxy, di recente applicazione, è basato sul grado di denitrificazione. Questo processo, durante il quale i nitrati sono convertiti in nitrogeno molecolare (N2) dai batteri, avviene solo nelle acque impoverite di ossigeno della cosiddetta oxygen-deficient zones (ODZ). Un calo dei valori di d15N indica scarsa denitrificazione quindi condizioni di buona ossigenazione delle acque.
Un gruppo di ricercatori e ricercatrici internazionali, coordinato dal prestigioso Max Planck Institute for Chemistry (Mainz; Germany) e Princeton University (USA), che vede tra I collaboratori ricercatori dell’Università di Ferrara (Professoressa V. Luciani, Dottoressa Roberta D’Onofrio) hanno applicato lo studio degli isotopi stabili dell’azoto su foraminfieri planctonici del PETM.
I foraminiferi planctonici analizzati derivano da diversi carotaggi delle spedizioni scientifiche Dep Sea Drilling Project e Ocean Drilling Program, attive dalla fine degli anni ’60, che forniscono un archivio imprescindibile per le conoscenze del clima del passato. I ricercatori italiani sono stati supportati anche dal progetto PRIN 2017RX9XXY “Biota resilience to global change: biomineralization of planktic and benthic calcifiers in the past, present and future” di cui V. Luciani ha coordinato l’Unità di Ferrara.
L’ossigenazione delle acque tropicali superficiali al PETM ha evitato un’estinzione di massa
I risultati, pubblicati sulla rivista Science, indicano un’inaspettata contrazione della fascia del minimo di ossigeno nell’Oceano Pacifico tropicale durante il PETM, connessa con un declino della produttività biologica, come dedotto dal calo dei valori di Foraminifera-bound d15N. “Il grado di ossigenazione può aver contribuito a preservare la diversità del biota marino di superficie nonostante l’elevato stress delle alte temperature”, commenta il Dott. Simone Moretti, autore principale dello studio, a differenza della più grande grande estinzione verificatasi nelle comunità viventi sui fondali oceanici al PETM.
Occorre però ricordare i cambiamenti negli ecosistemi attuali derivanti dal riscaldamento globale con il forte contributo delle attività antropiche, si stanno verificando ad una velocità estremamente più elevata di quella del PETM durante i quali gli ecosistemi hanno impiegato più di 100.000 anni per recuperare lo stato precedente l’evento. Gli elevati ritmi dei cambiamenti in corso non consentono di assicurare la resilienza del biota marino, come concludono Simone Moretti ed i coautori della ricerca.
Titolo originale dell'articolo: Oxygen rise in the tropical upper ocean during the Paleocene-Eocene Thermal Maximum, Moretti S., Auderset A., Deutsch C, Schmitz R., Gerber L., Thomas E., Luciani V., Petrizzo M.R., Schiebel R., Tripati A., Sexton P., Norris R., D’Onofrio R., Zachos J., Sigman D.M.,, Haug, G.H., Martínez-García A., Science, February 2024,
DOI: 10.1126/science.adh4893